lunedì 8 agosto 2016

ROAD TO USA

Non realizzi che stai seriamente per lasciare tutto e partire fino a quando non mancano così pochi giorni alla partenza che puoi contarli con le dita. E forse nemmeno allora lo comprendi appieno. Guardi le persone salutarti, dirti che gli mancherai, ma ancora non riesci a credere che quella persona che stanno salutando sei proprio tu, come se fossi rinchiuso in una bolla di sapone e guardassi tutto dall’esterno, incapace di realizzare quello che sta succedendo. Probabilmente sarà solo quando metterai piede nel tuo nuovo paese, nella tua nuova città, nella tua nuova casa, che dirai: “Cavolo, ma sono veramente qui. È successo davvero!”.
Per me questa avventura è ancora un sogno, così come lo era quando tutto è cominciato.  Perché, d’altronde, non riesco a definirla con altro termine se non appunto “sogno”. Voi come altro lo chiamereste quel momento del vostro nuovo percorso in cui tutto è ancora così irreale, così evanescente?
Infondo, pensandoci col senno di poi, tutto questo è cominciato per caso, come un gioco, o una mera possibilità. Alla domanda: “Mamma, posso partire per un mese in estate all’estero?” la risposta fu: “Va bene, mi informerò”. E lo fece davvero, ma mai mi sarei aspettato che da un semplice mese, mia madre cominciasse a maturare, anche solo ipoteticamente, l’idea di un viaggio annuale. Quando me lo propose, io acconsentii senza pensarci, avendo sempre coltivato la speranza di uscire un giorno dall’Italia per viaggiare nei Paesi che fin da piccolo avevo sempre visto in televisione. Pensai: “Chissà, magari riuscirò ad andare negli Stati Uniti!”, ma dentro di me credevo che sarebbe rimasto soltanto un sogno e che alla fine non se ne sarebbe fatto più niente. Chi avrebbe mai immaginato tutto quello che sarebbe successo di lì a poco? Se ci penso ora, a quella serie fortuita di avvenimenti, mi viene da dire che non sono io quello che sta per partire, ma qualcun altro, perché non posso credere, davvero, che sono proprio io quella persona a cui la Fortuna, o forse il Destino, sembra aver sorriso. È davvero una strana sensazione.
Difatti, tutto il mio percorso è stato in qualche modo accompagnato dalla Fortuna. Tutto. Passare le selezioni, vincere la borsa di studio con il programma Itaca per un anno extraeuropeo e persino il fatto che mi sia capitata proprio la prima scelta, ossia gli Stati Uniti (avevo messo tre Paesi: USA, Danimarca e Svezia).
Ma poi, dopo tutte queste belle notizie, come se qualcuno avesse notato che mi stava andando tutto troppo liscio e avesse voluto rimediare, ecco che è iniziata l’attesa più grande che avessi mai affrontato: l’affidamento ad una famiglia. Mai attesa fu più snervante.  E se mai chi sta leggendo questo post stesse pensando di partire con Intercultura si tenesse pronto a questa fase, che richiede nervi saldi e molta, ma molta pazienza. Io stesso ho saputo la famiglia solo qualche giorno fa, poco prima di partire. E non vi dico quanto sia stato irritante dover rispondere alla domanda: “Ah, quindi vai negli Stati Uniti, dove precisamente?” con la frase “Non lo so ancora!” quando mancava solo un mese e tutti quelli che partivano per altri Paesi avevano già saputo le loro destinazioni.
Ora, invece, che so la famiglia, la paura di partire da orfano mi è passata, lasciando posto ad un intricato miscuglio di sensazioni, piacevoli e spiacevoli al contempo, che da qualche giorno a questa parte mi logorano lo stomaco. Il solo pensare che fra pochi giorni mi troverò dall’altra parte del mondo mi mette ansia. Ma quello che più in assoluto mi sta tormentando è il sapere che sì, è vero che mancano pochi giorni alla partenza, ma è altrettanto vero che rimangono pochi giorni da trascorrere con amici e famigliari. Ed è in questi giorni che dai fortemente peso ad ogni singola piccolezza, ad ogni azione che compi, sia essa banale o meno. Cose come camminare per la città, mangiare determinati piatti, festeggiare, abbracciare una persona a cui vuoi bene o anche solo farti una foto con lei, assumono un valore diverso, più prezioso, che lascia un piccolo ma indelebile segno della tua memoria e nel tuo cuore. Cominci a dire: “Wow, queste piccole cose fanno parte della mia vita e adesso non le farò più per un anno!”.
Ed è dura, davvero dura, credetemi, dover realizzare che tu quelle persone con cui trascorri questi ultimi giorni non le vedrai per un anno, ma è ancora più arduo doverle salutare, doversi sentir dire: “Non partire” quando sai che ormai il dado è tratto e tutto quello che puoi promettere è che continuerai a tenere saldi quei legami così preziosi anche a distanza.

Ma infondo, ne varrà la pena. Varrà la pena mettere in pausa la mia vita per un anno e andare via, lontano, verso posti a me sconosciuti pronti per essere scoperti, verso una cultura nuova pronta ad aprirmi la mente, verso persone che lasceranno un posto nel mio cuore e faranno di me una persona nuova, migliore. E poi tornerò, con occhi diversi che avranno visto una parte di mondo pronta a darmi tanto e che mi permetteranno di vedere tutto sotto una nuova prospettiva. 

Tommaso Padovano

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