Non realizzi che stai seriamente per lasciare tutto e partire
fino a quando non mancano così pochi giorni alla partenza che puoi contarli con
le dita. E forse nemmeno allora lo comprendi appieno. Guardi le persone
salutarti, dirti che gli mancherai, ma ancora non riesci a credere che quella
persona che stanno salutando sei proprio tu, come se fossi rinchiuso in una
bolla di sapone e guardassi tutto dall’esterno, incapace di realizzare quello
che sta succedendo. Probabilmente sarà solo quando metterai piede nel tuo nuovo
paese, nella tua nuova città, nella tua nuova casa, che dirai: “Cavolo, ma sono
veramente qui. È successo davvero!”.
Per me questa avventura è ancora un sogno, così come lo era
quando tutto è cominciato. Perché, d’altronde,
non riesco a definirla con altro termine se non appunto “sogno”. Voi come altro
lo chiamereste quel momento del vostro nuovo percorso in cui tutto è ancora
così irreale, così evanescente?
Infondo, pensandoci col senno di poi, tutto questo è
cominciato per caso, come un gioco, o una mera possibilità. Alla domanda:
“Mamma, posso partire per un mese in estate all’estero?” la risposta fu: “Va
bene, mi informerò”. E lo fece davvero, ma mai mi sarei aspettato che da un semplice
mese, mia madre cominciasse a maturare, anche solo ipoteticamente, l’idea di un
viaggio annuale. Quando me lo
propose, io acconsentii senza pensarci, avendo sempre coltivato la speranza di
uscire un giorno dall’Italia per viaggiare nei Paesi che fin da piccolo avevo
sempre visto in televisione. Pensai: “Chissà, magari riuscirò ad andare negli
Stati Uniti!”, ma dentro di me credevo che sarebbe rimasto soltanto un sogno e
che alla fine non se ne sarebbe fatto più niente. Chi avrebbe mai immaginato tutto
quello che sarebbe successo di lì a poco? Se ci penso ora, a quella serie
fortuita di avvenimenti, mi viene da dire che non sono io quello che sta per
partire, ma qualcun altro, perché non posso credere, davvero, che sono proprio
io quella persona a cui la Fortuna, o forse il Destino, sembra aver sorriso. È
davvero una strana sensazione.
Difatti, tutto il mio percorso è stato in qualche modo accompagnato
dalla Fortuna. Tutto. Passare le selezioni, vincere la borsa di studio con il
programma Itaca per un anno extraeuropeo e persino il fatto che mi sia capitata
proprio la prima scelta, ossia gli Stati Uniti (avevo messo tre Paesi: USA,
Danimarca e Svezia).
Ma poi, dopo tutte queste belle notizie, come se qualcuno
avesse notato che mi stava andando tutto troppo liscio e avesse voluto
rimediare, ecco che è iniziata l’attesa più grande che avessi mai affrontato: l’affidamento
ad una famiglia. Mai attesa fu più snervante. E se mai chi sta leggendo questo post stesse
pensando di partire con Intercultura si tenesse pronto a questa fase, che
richiede nervi saldi e molta, ma molta pazienza. Io stesso ho saputo la
famiglia solo qualche giorno fa, poco prima di partire. E non vi dico quanto
sia stato irritante dover rispondere alla domanda: “Ah, quindi vai negli Stati
Uniti, dove precisamente?” con la frase “Non lo so ancora!” quando mancava solo
un mese e tutti quelli che partivano per altri Paesi avevano già saputo le loro
destinazioni.
Ora, invece, che so la famiglia, la paura di partire da
orfano mi è passata, lasciando posto ad un intricato miscuglio di sensazioni,
piacevoli e spiacevoli al contempo, che da qualche giorno a questa parte mi
logorano lo stomaco. Il solo pensare che fra pochi giorni mi troverò dall’altra
parte del mondo mi mette ansia. Ma quello che più in assoluto mi sta
tormentando è il sapere che sì, è vero che mancano pochi giorni alla partenza,
ma è altrettanto vero che rimangono pochi giorni da trascorrere con amici e famigliari.
Ed è in questi giorni che dai fortemente peso ad ogni singola piccolezza, ad
ogni azione che compi, sia essa banale o meno. Cose come camminare per la
città, mangiare determinati piatti, festeggiare, abbracciare una persona a cui
vuoi bene o anche solo farti una foto con lei, assumono un valore diverso, più
prezioso, che lascia un piccolo ma indelebile segno della tua memoria e nel tuo
cuore. Cominci a dire: “Wow, queste piccole cose fanno parte della mia vita e
adesso non le farò più per un anno!”.
Ed è dura, davvero dura, credetemi, dover realizzare che tu
quelle persone con cui trascorri questi ultimi giorni non le vedrai per un
anno, ma è ancora più arduo doverle salutare, doversi sentir dire: “Non
partire” quando sai che ormai il dado è tratto e tutto quello che puoi
promettere è che continuerai a tenere saldi quei legami così preziosi anche a
distanza.
Ma infondo, ne varrà la pena. Varrà la pena mettere in pausa
la mia vita per un anno e andare via, lontano, verso posti a me sconosciuti
pronti per essere scoperti, verso una cultura nuova pronta ad aprirmi la mente,
verso persone che lasceranno un posto nel mio cuore e faranno di me una persona
nuova, migliore. E poi tornerò, con occhi diversi che avranno visto una parte
di mondo pronta a darmi tanto e che mi permetteranno di vedere tutto sotto una
nuova prospettiva.
Tommaso Padovano
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